31 maggio 2007

Sesso, alcol e droga nel destino dei Best...


Calum, figlio del grande attaccante del Manchester, racconta la sua vita piena di eccessi. "Sono un tossicodipendente, devo risolvere i miei problemi prima che sia troppo tardi: ho paura di morire come un vecchio uomo solo, alcolizzato e drogato"
LONDRA, 31 maggio 2007 - Calum Best è un tossicodipendente. É lo stesso figlio del leggendario George a confessarlo in un’intervista al "Sun", nella quale racconta la sua vita tutta sesso, droga e feste fino all’alba.
SESSO E DROGA - "Sono un depravato. Quando esco, mi ubriaco, sniffo coca da sei anni per andare su di giri, e vado con le donne sbagliate". Il riferimento è all’ultima bravata, immortalata dallo stesso tabloid, quando il bel Calum è stato beccato in una stanza d’hotel a Londra con due prostitute, mentre era impegnato in un’orgia a base di sesso e cocaina. Da qui, la presa di coscienza della sua condizione di "addict" (ovvero "dipendente") da droga, alcool e sesso, e la decisione di entrare in un centro specializzato per curarsi. La sua paura più grande è, infatti, quella di fare la fine del suo celebre padre: "Il suo sangue scorre nelle mie vene, ma io non voglio essere come lui. Devo risolvere i miei problemi prima che sia troppo tardi, perché ho paura di morire come un vecchio uomo solo, alcolizzato e drogato".
LE CONQUISTE - Eppure il suo carnet di conquiste è lungo un chilometro e comprende alcune fra le più belle ragazze del mondo (da Sarah Harding delle "Girls Aloud" alla modella Abi Titmuss, fino alla figlia di MickJagger, Elizabeth), che gli cadono letteralmente ai piedi. L’ultima della serie è l’attrice Lindsay Lohan, con la quale ha passato una settimana di passione fra le Bahamas e New York. Sembrava la volta buona per una storia seria, ma a quanto pare la relazione è già entrata in crisi e, di certo, farsi pizzicare con Casey James, ragazza-squillo da 1000 sterline a notte (circa 1500 euro), e l’altra amica di lei in un maratona di tre ore sotto le lenzuola, non è sembrato il modo migliore per salvare il rapporto che, per il momento, resta ancora in via di definizione. "Non posso dire che Lindsay sia la mia fidanzata, vedremo quello che succederà. Non sono mai stato innamorato e come potrei esserlo a 26 anni? Ma un giorno mi piacerebbe sposarmi e farla finita con questa vita sballata. Mi vergogno di quello che ho fatto. Bevo sempre troppo e questo mi fa perdere il controllo. L’alcool porta alla droga e la droga mi porta poi alla depravazione, così faccio cose sbagliate con le donne sbagliate. Sono un malato di sesso: a volte finisco con una donna, altre volte con due. Questo mi fa sembrare una persona squallida, ma io non sono così. Sono un ragazzo rispettabile, ma quando bevo vado su di giri".
COME IL PADRE - Il ricordo del padre George, morto nel 2005 a 59 anni a causa dei suoi problemi con la bottiglia, lo perseguita ogni giorno. "La dipendenza da qualcosa è parte di me, della mia vita. Non voglio incolpare mio padre per questo, ma lui era uguale. Sarà anche stato un leggendario giocatore di football e una persona eccezionale, ma è tragico vedere come gli alcolici possano fregarti nella vita. Anche lui faceva cose indecenti, ma nessuno lo vedeva perché allora non c’erano i telefonini con le fotocamere. Mio padre era un alcolizzato ed è morto per quel motivo, ma io non voglio finire come lui". Il prossimo passo sarà entrare in clinica per iniziare la strada che porta alla disintossicazione. Niente Los Angeles, però, magari nella stessa "Promises" di Malibù dove ha fatto ritorno la Lohan dopo essere stata sorpresa dai poliziotti ubriaca al volante (e con tracce di cocaina nella sua Mercedes). Probabilmente, Best jr. sceglierà una struttura di Londra. Di certo, ha deciso: "Mi devo dare una mossa, devo finalmente prendere la responsabilità della mia vita".

30 maggio 2007

io sto con Oriana...


http://www.iostoconoriana.it/site/news.php

Le "Ragioni" di I.S.C.O. (Io Sto Con Oriana)
Stimolati a farlo da alcuni nostri lettori ecco, in sintesi, il nostro punto di vista sulla questione “Islam”. Pur senza nominarla mai, l’influenza del pensiero di Oriana Fallaci è evidente, senza di Lei il nostro livello di consapevolezza sulla questione non sarebbe mai arrivato a tanto!

1. ISCO nasce innanzitutto non per essere contro qualcosa o qualcuno, ma a favore della nostra cultura e identità Occidentale. Detto ciò, non possiamo fare a meno di vedere come sia in atto, in Italia e in Europa, un’invasione islamica. Questa non è solo un’opinione, è una constatazione, i fatti sono lì a dimostrarlo, i fiumi di parole sulla “rinascita dell’Islam” sono lì a dimostrarlo, le bombe sono lì a dimostrarlo, il proliferare di moschee e di centri culturali islamici sono lì a dimostrarlo, il numero sempre crescente di richieste da parte delle comunità islamiche (talvolta poste in modo arrogante) è lì a dimostrarlo, il numero di immigrati islamici che aumenta esponenzialmente è lì a dimostrarlo. L’obiettivo più o meno dichiarato è quello di trasformarci in Eurabia, di fare dell’Europa una terra islamica e chi non vede questo pericolo è miope o in malafede.

2. Noi prendiamo atto che, allo stato attuale, non esiste un “Islam moderato”, esistono musulmani moderati, ma questa è un’altra cosa. Un conto è la posizione del singolo, un’altra la posizione “istituzionalizzata”. Inoltre ci chiediamo: cosa significa l’espressione “Islam moderato”? Che non mette le bombe? Basta dunque soltanto questo per meritarsi l’appellativo di moderato? E’ moderato un islamico che segrega la moglie, che la obbliga a portare il burkah o il velo, che la picchia o giustifica chi lo fa o magari ne tiene più d’una ? E’ moderato un islamico che prima di tutto ubbidisce al Corano e poi, forse, alle nostre leggi, basta che non siano in contrasto con la sua fede? E’ moderato un islamico che non denuncerebbe mai un altro islamico anche se sapesse che è colpevole di atti terroristici? E’ moderato un islamico che non riconosce a se stesso e ad un altro la possibilità di uscire dall’islam, di cambiare religione o di diventare ateo? E’ moderato un islamico che considera un reato l’apostasia? E’ moderato un islamico che non discrimina tra ciò che è peccato e ciò che è reato? E quanto è moderato l’Islam istituzionale, quello che conta, quello delle moschee, quello degli imam che spesso predicano odio, quello che non condanna mai in modo chiaro il terrorismo islamico? Temiamo che “l’Islam moderato” sia una categoria concettuale (vuota) puramente occidentale o che, in modo davvero paradossale, proprio noi finiamo per dare più spazio a chi di moderato non ha nulla a scapito di chi, magari timidamente, tenta di far sentire la sua voce.

3. Noi crediamo che in Europa sia sotto gli occhi di tutti il fallimento del “multiculturalismo” inteso come diritto di identità irriducibile di tutte le comunità, come relativismo assoluto, come ideologica affermazione che tutte le culture sono uguali, incomparabili, ingiudicabili. Vogliamo lasciare che nascano ghetti d’illegalità, d’intolleranza, d’odio? Che si crei uno stato dentro uno stato? Inizialmente a macchia di leopardo, ma poi magari basato su territori sempre più ampi? Il riconoscimento acritico della cultura altra, il multiculturalismo esasperato elevato ad ideologia può trasformarsi facilmente in una bancarotta morale, in passività. Il multiculturalismo non può diventare un asettico contenitore di legalità multiple, non può ispirarsi solo al “quieto vivere”, non può accontentarsi della semplice tolleranza, non può renderci ciechi, sordi, muti.

4. Noi riteniamo che l’Occidente, l’Europa, abbia il diritto all’auto difesa dagli attacchi terroristici, ma soprattutto abbia diritto ad una difesa culturale che salvaguardi la sua identità. Paradossalmente siamo molto più preoccupati dell’invasione culturale e religiosa lenta e strisciante che non degli attentati passati e - temiamo – futuri.

5. Noi siamo convinti che sia stato un grosso errore non riconoscere nella Costituzione Europea le radici Cristiane; il Cristianesimo è stato, dal punto di vista sociologico, la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto. Nessun’altra regge al confronto. Rispetto a lei tutte sembrano limitate. Senza il Cristianesimo ci saremmo scordati del Rinascimento e dell’Illuminismo; senza il Cristianesimo niente Rivoluzione francese, niente socialismo, niente liberalismo. Il Cristianesimo a cui facciamo riferimento è quello che ci appare come una maestosa scommessa che l’uomo fa con sé stesso, non tanto quello talvolta travisato o distorto dalla Chiesa cattolica o dalle Chiese protestanti, è il Cristianesimo che non corrisponde necessariamente a quanto afferma la Religione cristiana, nelle sua varie accezioni, Cattolica o Riformata o quant’altro. Neppure acconsentiamo a quel cristianesimo mal digerito e spesso utilizzato a rovescio di chi pretendeva di chiudere i cristiani in un bunker, chiuderne la porta e gettarne la chiave. Invece è quel Cristianesimo che crea punti di comprensione reciproca e di condivisione di obiettivi tra il credente, l’agnostico e l’ateo, quello che va oltre la metafisica e parla a tutti dell’uomo, di un’etica condivisibile, di un solidarismo responsabile. E di quell’uomo ne rivendica la coscienza, il libero arbitrio, la responsabilità, il destino. E’ il Cristianesimo che fa un elogio alla ragione, e quindi alla possibilità di scegliere e dove la scelta è consentita lì v’è libertà. Qui stanno i nostri principi, qui sta la nostra civiltà.

6. Noi proponiamo che si debba porre con forza la questione della reciprocità; non è più tollerabile tollerare gli intolleranti, non è più tollerabile l’uso strumentale che viene fatto delle nostre leggi liberali e democratiche, non è più tollerabile concedere tutto senza chiedere nulla in cambio. Ma allora, nel concreto, cosa occorrerebbe fare per dare sostanza al termine “reciprocità”? Innanzitutto esigere che gli stati occidentali chiedano:

• distinzione tra religione e stato
• pari dignità per uomini e donne, a qualsiasi livello
• libertà di culto per tutti nei paesi mussulmani
• libertà di conversione dall'Islam ad altre religioni
• libertà di costruire edifici di culto non islamici
• libertà di dire, stampare, insegnare altre visioni della realtà da quella islamica
• libere elezioni e libera dialettica democratica

7. Noi siamo dell’idea che, se davvero si vuole costruire una società di pace, l’islam debba smettere di prevaricare, debba accettare le conversioni come frutto di convinzione personale e non di pressioni e intimidazioni, debba accettare il confronto fatto con la forza delle argomentazioni e non con le minacce, debba lascare liberi i suoi fedeli di cambiare religione o di diventare atei, debba cancellare il reato di apostasia (un abominio nel terzo millennio), debba accettare una visione laica del mondo separando fede e politica, debba compiere lo sforzo di leggere i suoi libri sacri in chiave interpretativa e non letterale, debba accettare la piena parità tra uomo e donna. Fino a che ciò non accadrà l’islam resterà un problema (esiste un problema Buddismo? O Taoismo? O Cristianesimo? ). Noi, l’Europa, l’Occidente, dobbiamo aiutare questo processo senza debolezze o tentennamenti.

8. Noi constatiamo che, piaccia o non piaccia, è in atto uno scontro di civiltà, (usate pure altri termini linguistici se vi pare, ma la sostanza non muta) scontro che certamente va ricomposto il prima possibile e nel modo migliore. Il primo passo per fare questo però sta nel non avere paura ad ammetterlo, negarlo, rimuoverlo non aiuta, anzi rende il processo di ricomposizione più lungo e difficile, ci lascia in un pantano d’immobilismo e di fraintendimenti paralizzanti. La psicanalisi ci ha insegnato che per poter risolvere un problema occorre prima di tutto ammettere di avere un problema, se non lo ammettiamo a noi stessi non ne usciremo mai. D’altra parte la storia dell’Umanità è storia di contrasti e opposizioni, fa parte della categoria più pesante che domina il mondo, (e la filosofia questo la sa bene) ovvero il “divenire”.

9. Noi temiamo che l’Occidente, quello dei popoli che condividono gli stessi princìpi, valori, ideali, impegni religiosi stia attraversando un profondo periodo di crisi d’identità; per secoli ha coltivato la convinzione che la verità, la libertà, la democrazia, la tolleranza, il rispetto, la compassione, e molti altri valori collegati, fossero stati forgiati in un posto ma validi in tutti i posti. È da questa convinzione che sono nate le Carte, le Convenzioni, le Dichiarazioni sui diritti umani, che appunto si dicono universali, ad esempio quella delle Nazioni Unite. Oggi l'universalismo è entrato in crisi ed è stato rimpiazzato dal suo estremo opposto, il relativismo, una dottrina secondo la quale le tradizioni, le culture, le civiltà, sono sistemi autonomi e chiusi, ciascuna con propri criteri di valore e con proprie procedure di validazione. Ma se ci manca un credo, una fede, un legame spirituale, non potremo giustificare tutti quei nobili valori - la libertà, la democrazia, la tolleranza, il rispetto, la fratellanza, eccetera - che pure noi stessi professiamo e non potremo neppure proporli come esempio ad altri, visto che non ci crediamo neppure noi. Se smarriamo la nostra identità non potremo rispettarla e difenderla e neppure confrontarci con nessuno o intrattenere un dialogo con alcuno se, in partenza, sosteniamo che non c'è nessuna verità da affermare, nessun valore da preferire, nessun principio che valga la pena essere difeso.

10. Noi crediamo che l’Islam, alla fine, non prevarrà semplicemente perché, se rimane ciò che è ora, è contro Ragione, è contro l’innato senso dell’uomo di progredire e di andare avanti, è contro ogni logica, è uno stagno e alla fine uno stagno non può competere con l’oceano. Noi auspichiamo, speriamo, che alla lunga l’Islam perderà il confronto con l’occidente, imploderà, si frantumerà e diventerà una religione come le altre. Siamo ottimisti quindi? Nell’immediato no, ma nel futuro sì, non c’è alternativa, occorre esserlo per forza. Più l’Islam entrerà in commistione con l’Occidente più la sua forza diminuirà, verrà “contaminato”, criticato dall’interno, messo in discussione dagli stessi musulmani, dalle donne innanzitutto. La Storia ha un andamento ciclico, spesso fa strani giri, ma non torna mai indietro fino in fondo. Certo non possiamo pensare che tutto accada magicamente, dobbiamo metterci del nostro. Quello che ci domandiamo e che ci angustia è: quanto dovremo ancora pagare?

Invasione zingari...


La Romania e le sue singolari minoranze etniche Paolo Possenti

Appaiono con sempre più frequenza nei media notizie relativi a crimini sempre più odiosi la cui responsabilità è di cittadini romeni (dal furto del rame delle reti ferroviarie ad una serie di omicidi come la strage di Appiniano nelle Marche, dall'assassinio della giovane studentessa nella stazione di Roma fino al delitto di due coniugi in Calabria a colpi di accetta, per il quale sono ricercati dei romeni).
Tuttavia per non rendere di tutte queste situazioni capro espiatorio una intera nazione occorre fare alcune importanti distinzioni e sereni approfondimenti.
Infatti all'interno della Romania vivono alcune entità etniche e linguistiche molto differenziate, che hanno rappresentato un grave problema, per cause differenti, per tutti i governi che si sono succeduti in questo Paese dalla liberazione dal giogo turco verificatasi a metà dell'800.
L'atlante De Agostini (edizione 2007) ci fornisce informazioni precise e chiarificanti.
Su circa 22 milioni di abitanti della Romania 89% sono rumeni veri e propri di lingua neolatina, il 6,6% sono ungheresi e vivono proprio nel cuore della Romania, in Transilvania, assieme ad una piccola minoranza tedesca.
Questa minoranza, oggi molto sviluppata economicamente e culturalmente, ha creato nel passato gravi problemi al Paese per il suo irredentismo molto forte.
Il terzo gruppo etnico, con propria lingua, costumi e tradizioni ancora di tipo tribale chiamati specificamente zingari dal De Agostini, sono circa il 2,4% della popolazione; erano però circa il 5% ancora 15 anni fa, quando dopo la caduta del comunismo cominciarono la loro migrazione verso i Paesi occidentali.
In Italia ne sono arrivati più di 100.000.

Appartengono per lo più a due gruppi tribali, i Rom ed i Sinthi, con lingua e tradizioni proprie, anche se tutti o quasi parlano il romeno o altre lingue slave apprese nei Paesi confinanti.
Arrivarono in Europa per lo più al seguito dei turchi (anche se alcuni rivendicano un' origine più antica) che dopo il passaggio dei loro eserciti si servivano di questi nomadi quali razziatori del territorio conquistato, una abitudine che mantennero per secoli creando problemi gravi a tutti i governi romeni.
Attualmente i circa 500-600 mila zingari rimasti in Romania rappresentano per lo più quei gruppi che sotto la pressione specie dei governi comunisti furono costretti a stanziarsi in località specifiche.
Ad uno di questi gruppi rom, della comunità di Rahova nei pressi di Bucarest, appartiene la assassina della giovare romana uccisa a Termini (vedi anche Il Corriere della Sera del 1° maggio 2007).
Zingari di origine romena sono stati parimenti gli autori di innumerevoli aggressioni e rapine nelle ville del nord Italia.
Parimenti gli innumerevoli scippi e furti che tormentano Roma e molte altre città italiane, operati da bande di minorenni, sono scientificamente preparati e diretti da questi clan di zingari.
Il depistaggio organizzato da molti media, specie di sinistra, per ragioni ideologiche parlano di fantomatici «slavi» (nessuna comunità linguistica o nazione slava si è mai dedicata al nomadismo o alla razzia ed al furto sistematico), di sudamericani (forse per l'aspetto fisico olivastro di questi nomadi europei), di giostrai (mettendo ingiustamente in cattiva luce i poveri residui dei nomadi italiani), etc., etc.

Invece occorre parlare chiaramente ed in maniera veritiera perché con l'entrata in UE della Romania l'immigrazione Rom e Sinthi in Italia potrebbe aumentare ulteriormente, anche per l'irresponsabilità di molti sindaci di sinistra compreso il «pennacchione» Veltroni a Roma, dove la situazione si sta sempre più aggravando.
Per certi aspetti l'organizzazione di questi zingari molto particolari in Europa potrebbe definirsi una vera e propria «organizzazione di stampo mafioso», della quale ha tutte le caratteristiche.
Con questo non si vuole dire che la totalità degli zingari in Italia svolga un'attività criminosa, ma proprio per tutelare quanti di loro cercano di svolgere servizi utili, o vivere di carità e piccoli commerci, va descritta in maniera chiara una situazione che è effetto di una immigrazione disordinata ed inutile destinata a creare gravissimi problemi al nostro Paese e persino a tutti gli immigrati che giungono in Italia con una onesta volontà di lavoro.

La fusione Unicredit-Capitalia? Perfezionato il sistema del saccheggio


di Maurizio Blondet - 22/05/2007

Fonte: effedieffe

La fusione Unicredit-Capitalia?
Tutti i media si buttano a lodarla.
E ad escludere che, questa volta, ci sia entrata la politica.
La verità è - dunque - l’esatto contrario.
Risulta che Profumo non voleva comprare Capitalia, né mettersi con il pregiudicato bancarottiere Geronzi.
Come spiega il Financial Times, «l’acquisizione da 22 miliardi di euro di Capitalia sembra porre a rischio la tendenza (di Profumo) di ridurre l’esposizione ad un solo mercato».
Profumo ha sempre detto di voler «internazionalizzare».
E lo dice ancora, con parecchi soldi in meno.
Anche con il peso morto di Capitalia, «la banca resta internazionale e genererà ancora il 53% dei suoi introiti fuori d’Italia. … Avremmo fatto qualcosa di simile in Germania, ne avessimo avuto la possibilità».
Nessuna esultanza, come si vede.
Insomma Profumo ha dovuto obbedire.
Obtorto collo.
Alla politica.
Quale politica?
Geronzi ha ricevuto piogge di avvisi di garanzia per Parmalat, Cirio, e le mancate comunicazioni a Bankitalia sui crediti in sofferenza dei partiti.
Già, perché Capitalia ha salvato i DS dalla bancarotta.
Ha fatto prestiti a tutti i partiti (tranne ad AN e a Forza Italia), senza uno straccio di garanzie, perché dal potere politico ha sempre ottenuto la garanzia massima: ti salveremo qualunque cosa faccia.
Capitalia ha un capitale inferiore alle sue sofferenze, e Geronzi resta intoccabile.
Come scrive il blog «Finanza e Politica»: «Capitalia è una banca patrimonialmente pessima, per certi aspetti pericolosa, ma possiede tanti sportelli e le partecipazioni in Mediobanca e Generali [ecco, ecco].
E allora ecco il miracolo.
Il prezzo viene gonfiato, i bilanci imbellettati... e il vecchio Geronzi compie il suo capolavoro... porta la sua pessima banca alle nozze con il miglior principe presente sul mercato... così salva definitivamente Capitalia che annacquerà i suoi crediti incagliati con la gestione ottima di Unicredit, e in più si candida a divenire presidente di Mediobanca [Un pregiudicato? Del resto c’è già Ligresti, è il salotto buono o no?].
E allora chapeau a Geronzi che è riuscito a dimostrare che in finanza si possono compiere i miracoli e si fanno volare anche le vacche.
Ancora una volta la politica ha determinato le sorti del mercato e non viceversa».

L’esatto contrario di quel che strillano Il Corriere e Repubblica.
Il regista del salvataggio sembra essere ancora una volta D’Alema (il genio che ha «salvato» Telecom, ricordate), perché deve farsi un suo impero finanziario personale per contrastare l’occupazione di tutti i poteri che Prodi sta realizzando pro domo sua.
Che la fusione sia pro D’Alema, lo dice la rabbia malcelata di Veltroni, che s’è lamentato con Geronzi di aver saputo la cosa dai giornali.
Il tutto si situa nel quadro della lotta di potere in cui i leader della varie «sinistre» si fanno le scarpe l’uno l’altro, dietro le quinte, senza farlo sapere a noi.
Prodi ha lasciato fare, perché quelli si fanno le scarpe sì, ma non poteva negare a D’Alema la «sua» banca, finalmente.
Draghi e Padoa Schioppa ovviamente hanno dato l’assenso: bravi!, strillano i media, tutt’altra pasta che Fazio!
Questa menzogna corale e dura come il cemento ci dovrebbe dire qualcosa: che il sistema dei partiti-sindacati-statali-Confindustria (il blocco dei parassiti miliardari) ha completato il cerchio, il sistema di saccheggio del contribuente e del cittadino.
Si fanno le scarpe a spese nostre.
Un’ascoltatrice chiedeva al giornalista (Stefano Folli di 24 Ore) che cosa migliorerà, per lei correntista, la fusione.
Folli (di 24 Ore che lo paga benissimo) l’ha paternamente rassicurata.
No, non tema nulla.
Mettetevi per un attimo nei panni di un giovane - uno di quei famosi giovani di cui tanto si occupano i politici - che voglia aprire un’aziendina, un laboratorio artigiano.
Lo deve fare perché il lavoro dipendente, semplicemente, non c’è più.
Dunque il nostro giovane apre una cartoleria, un’erboristeria, una palestra di body building.
Appena adempiute alle immense pratiche burocratiche (la Volontà Generale diffida di chi si mette in proprio, vuole punirlo con il controllo burocratico: migliaia di documenti, stato di famiglia, certificato di matrimonio compreso), il nostro giovane deve pagare le tasse a Visco.
Prima ancora di aver venduto il primo flaconcino di erbe.
Prima, cioè, di aver avuto un reddito tassabile, un reddito che può anche mancare (e che manca difatti a due neo-impresine su tre, che colano a picco subito).
Ma non basta.
Il nostro giovane ha bisogno di un capitale, anche piccolo, per cominciare.
Si rivolge alla banca, a chi altro?
Le banche sono qui per questo.
Gli viene concesso un fido: al 18% o anche più.

Unicredito e Capitalia che regalano i soldi ai partiti, che ai depositanti e risparmiatori pagano lo 0%, al ragazzo chiedono il 18%.
E così a tutti gli altri piccoli e piccolissimi bisognosi di capitale: possono prestare quanto vogliono; grazie al credito frazionale i depositi veri si moltiplicano, e su quel denaro creato dal nulla la banca prende il 18-25%.
Ne segue questo piccolo, ridicolo fatto: che il giovane imprenditore alle prime armi, per farcela, deve produrre profitti superiori al 50%, e subito.
Perché il 18-25% se lo prende la banca (e subito; un fido non è un mutuo, non corre a 15 anni, è annuale o semestrale), il resto se lo divora il fisco.
Resta poco, al giovinotto, per mangiare, campare e vestirsi.
Per lui niente autoblù gratis.
Anzi, Visco gli controlla: quante auto ha l’azienda, ossia con costi scaricabili?
Sono troppe, te le dimezzo (è Visco che decide di quante auto ha bisogno una ditta privata).
Il giovane dovrebbe dunque gestire una start-up ad altissima tecnologia e di fulminante successo, come quelle di Sylicon Valley.
Ma lui s’è messo in proprio perché non trova lavoro.
La sua ideuzza e impresina possono funzionare, ma più probabilmente come attività «marginali».
A lui basterebbe poco, per campare.
Se non dovesse pagare l’usuraio Capitalia (18%) e il fisco di Visco (30-45%), ce la farebbe pure, a campare.
Invece no.
Naturalmente, una ovvia misura a favore dei «giovani» sarebbe l’esenzione fiscale per un paio d’anni; lo Stato non ci perde niente, ci perde di più soffocando una ditta su tre nel nido, un colossale mancato introito, uno strangolamento di attività economiche inaudito, che danno lavoro e possono darne in futuro.
Visco lo sa benissimo.
Ma non lo fa.
E perché non lo fa?
Non perché è stupido; non lo fa perchè Visco non presiede alle risorse necessarie al governo del Paese.
Presiede al sistema di saccheggio partitico-sindacale.
Il suo scopo è depredare, mica incentivare l’economia e l’iniziativa privata.
Ora, le banche sono collegate a filo doppio col sistema di saccheggio politico.

Il ragazzo-neo-imprenditore è derubato alla perfezione da tutti i lati: come contribuente, come consumatore (tariffe ENEL e Telecom, le più costose del mondo), come debitore.
Il sistema è chiuso, è perfetto.
E poi D’Alema si permette pure di dire che nel Paese c’è un certo umore contro i politici, insofferenza tipo Mani Pulite.
Ha ragione De Rita del Censis: dice che la faccenda del «tesoretto» è uno «scandalo infernale». Aggiunge: «Gli italiani hanno capito benissimo cosa è successo. Si sono messi a un tavolo Padoa-Schioppa, i tre segretari sindacali, ovviamente Prodi e pochi altri. Questa oligarchia ha creato un inutile aumento di tasse per i propri bisogni: sistemare i precari, accontentare Rifondazione…».
Finalmente uno che usa le parole giuste: una oligarchia (plutocratica e parassitaria) ha strizzato i contribuenti oltre ogni limite per «i propri bisogni».
Non per i bisogni del governo, è ben chiaro.
Non per riasfaltare le strade né per amministrare bene.
Il governo non governa affatto, non governa nulla.
Non fa nemmeno finta.
Quando ha dei problemi (detti «emergenze») li butta sui cittadini, come i napoletani buttano la spazzatura in strada.
Le carceri scoppiano?
Un bell’indulto, decine di migliaia di delinquenti tornano a rapinare e a uccidere i cittadini privati (loro no, hanno le scorte da noi pagate).
Il problema-immigrazione?
Legalizzata per incanto, non esistono più clandestini.
Altre migliaia di zingari rumeni, di criminali maghrebini e venezuelani, ben felici di darsi da fare in un Paese dove la polizia fa paura solo ai deboli, e lo Stato solo agli onesti.
Nei loro Paesi, la polizia porta fucili a pompa e spara con revolver 45.
Qui da noi, da decenni, la polizia ha perso ogni autonomia d’indagine.
Non è più guidata dal prefetto o dal questore, e comandata dal procuratore e dai sostituti.
E’ «polizia giudiziaria» nel senso che, per indagare, deve avere il permesso del magistrato, anzi aspettare che sia il magistrato a ordinare l’indagine.
E come si sa, se qualche agente osa fermare lo zingaro borsaiolo di sua iniziativa, il magistrato si affretta, per ripicca, a liberarlo.

Dopo anni ed anni di questo regime, la polizia italiana non solo ha perso la voglia.
Ha perso la competenza.
Non ha più informatori né metodologia; nemmeno può usare il ceffone, vecchia specialità di certi appuntati e questurini di un tempo, a volte così efficace per far sbollire un violento e arrogante, o parlare un sospetto: parte una denuncia del criminale, e il giudice è ovviamente dalla parte del pregiudicato recidivo, poveretto, che «ha subito violenza».
Il poliziotto rischia grosso, guai giudiziari a cui è esposto senza difesa.
E allora aspetta che sia «il signor giudice» a dirgli cosa fare.
Come affronta dunque le segretissime Triadi?
Le bande venezuelane?
Le bande rumene che ammazzano con la punta dell’ombrello?
Tutta la delinquenza di Paesi estremamente più violenti del nostro, dove la malavita è veramente dura e malvagia, veramente famelica, assassina e organizzata?
Al magistrato non importa nulla.
Anche lui è parte integrale del sistema di saccheggio: butta la spazzatura umana sulla testa dei cittadini e dei contribuenti che lo mantengono.
Non c’è governo in Italia.
Ci sono solo «le spese di governo», decise a tre (coi sindacati) per i «i bisogni» dei politici.
Il tesoretto è già bell’e divorato: per gli aumenti agli statali (al ministero del Tesoro, il premio di efficienza va per contratto integrativo a tutti coloro che sono «presenti»: firmi il cartellino e basta, sei già efficiente e premiato), per i sindacati e per le clientele della sinistra cosiddetta.
Niente grandi opere, niente strade, bisogna accontentare Rifondazione se no abbandona il non-governo.
Bisogna contentare Mastella, perché se no passa al Polo.
Un sacco di spese.
E in cambio, riceviamo spazzatura sulla testa; spazzatura vera come a Napoli (centinaia di addetti appaltanti che hanno altro da fare), nonchè i rifiuti solidi urbani dello zingarame, dei non più clandestini, dei liberati dall'indulto di cui lorsignori «governanti» non vogliono farsi carico (hanno ben altro da fare).
Riceviamo al spazzatura Telecom che è al loro servizio e non al nostro e dunque non mette l’ADSL dove dovrebbe, la spazzatura ENI che ci carica di bollette perché non c’è authority che imponga la chiarezza e la concorrenza.
Paghiamo i costi delle banche-spazzatura, salvate da D’Alema.

Tartassati da tutti i lati, sepolti nella rumenta dello Stato, e pure sospettati di continuo di evasione, da Visco.
Il Visco cui pare sospetto che «due italiani su tre dichiarino meno di 10 mila euro l’anno di reddito».
Eh sì, lui crede che tutti gli italiani guadagnino come lui o come i direttori delle ASL, da 150 a 300 mila euro l’anno.
Non gli passa per il capo che in Italia ci sono dodici milioni di pensionati, e che per lo più prendono 5 mila euro l’anno di minima.
Né che esistono ragazzi-imprenditori marginali, che dopo tasse e tassi usurari non hanno più di mille euro mensili per sé: eccoli lì i due italiani su tre.
Fra loro ci sono sicuramente i grandi evasori, ma non è che il fisco li cerchi davvero: hanno i beni in Liechtentstein, la Porsche o lo yacht appartengono a una società lussemburghese, oppure hanno profitti azionari «di rischio» all’estero.
Visco non sa che l’Italia si sta impoverendo, che le pensioni hanno perso in dieci anni il 30% del potere d’acquisto, e i salari il 10%.
Ci crede tutti ricchi come lui e quelli che lui frequenta; e se no, evasori.
Lo voglio vedere a spulciare quei 12 milioni di sicuri evasori che sono i pensionati, questi furbastri che dichiarano meno di 10 mila euro e chissà cosa nascondono.
Visco è la nostra Maria Antonietta: «Non hanno pane? Mangino la brioche» (peraltro frase mai pronunciata dalla regina, inventata di sana pianta).
La «brioche» non era il cornetto che conosciamo al bar; era la crosta succosa di pane, delle carni cucinate «en croute», al forno, cinghiali, cervi, fagiani…
Due italiani su tre hanno certo mangiato a crepapelle la cacciagione.

29 maggio 2007

La strategia occulta delle lobbies del farmaco


Marcello Pamio - 26 maggio 2007

Ogni tanto un farmaco usato da milioni di persone viene ritirato dal mercato perché provoca gravi danni all’organismo. Ogni tanto un farmaco viene ritirato perché provoca la morte stessa dei consumatori (il caso del principio attivo Rofecoxib, nome commerciale Vioxx, della Merck è esemplare: le stime parlano dalle 80 alle 140 mila complicanze cardiache che hanno provocato una vera e propria ecatombe).
Delle migliaia di prodotti chimici di sintesi che le lobbies del farmaco producono e vendono: quanti sono sicuri e quanti invece pericolosi per la salute pubblica?
Nessuno lo può sapere se non quando si manifestano pubblicamente i danni o le morti, e questo perché le ditte che producono i farmaci, per farli entrare quanto prima nel mercato, ‘modificano’ gli studi di sicurezza e grazie alla sudditanza, per non dire collusione, delle istituzioni che dovrebbero salvaguardare la salute pubblica (FDA, AIFA, EMEA, ecc.) ce li mettono gentilmente a disposizione nelle farmacie e da qualche settimana anche nei banconi dei supermercati.

L’Aulin per esempio è stato ritirato dal mercato irlandese dall’Agenzia del Farmaco di quel paese perché ha provocato insufficienze epatiche così gravi da dover trapiantare il fegato in diversi pazienti.
L’Irlanda non è il primo paese ad avere tolto il principio chimico Nimesulide (presente nei farmaci: Aulin, Algimesil, Antalgo, Areuma, Dimesul, Domes, Efridol, Eudolene, Fansulide, Flolid, Isodol, Ledolid, Ledoren, Nerelid, Nide, Nimenol, Nims, Noxalide, Resulin, Solving, Sulidamor, Fansidol, Sulide, Idealid, Delfos, Domes, Noalgos, Algolider, Aulin, Fansidol, Mesulid, Nimesil, Remov, Migraless, Edemax, Mesulid Fast, Nimedex e in molti farmaci generici) perché pericoloso per la salute: Finlandia, Spagna già dal 2002 lo hanno fatto, assieme ad altri stati.

E in Italia?
In Italia invece, gli esperti dell’AIFA, l’Agenzia italiana (indipendente?) per il farmaco non se la sentono di danneggiare economicamente il “povero” gruppo Roche.
La Roche, corporation svizzera di Basilea, era uno dei socio elvetici della I.G. Farben, la società tedesca (finanziata dal Standard Oil del gruppo Rockefeller e smembrata dopo la Seconda Guerra mondiale in Bayer, Basf e Hoechst) che ha permesso al dittatore Adolf Hitler di diventare quello che è diventato e di compiere i crimini che ha fatto (produceva tra le altre cose oltre alla benzina sintetica anche il Zyclon-B, uno dei gas per lo sterminio).

La Roche assieme a Bayer, Pfizer, Glaxo e altre 30 aziende sono state denunciate dal Procuratore Capo di Istambul per aver gonfiato i prezzi dei medicinali acquistati dalle istituzioni governative.
Secondo tale denuncia le ditte in questione "hanno partecipato ad una organizzazione illegale con lo scopo di compiere atti criminali, abusi di autorità, falsificazione di documenti ufficiali, affermazioni false in documenti ufficiali".
Quindi non stiamo parlando proprio di stinchi di santo, anche se fin qui non c’è granché di strano: le strategia del business fa questo e molto altro.

La cosa veramente scandalosa è che ci sono in commercio migliaia di farmaci pericolosi per la salute pubblica e questo con il beneplacito delle case di produzione e delle agenzie per il controllo.
L’antidiabetico Avandia (Avandamet, Avaglim) della britannica GlaxoSmithKline (Gsk), a base di Rosiglitazone, aumenta del 43% il rischio di attacchi cardiovascolari e del 64% la mortalità associata a questi eventi! La denuncia arriva direttamente dal New England Journal of Medicine, cioè dalla più prestigiosa rivista medica britannica.[1]
Questo farmaco che la Food and Drug Administration statunitense (organizzazione governativa nella mani delle lobbies del farmaco) ha autorizzato fin dal 1999 è usato da oltre 60 milioni di persone nel mondo. Un mercato enorme che raggiunge la cifra di 2,2 miliardi di dollari ogni anno e solo negli Stati Uniti!

Si è venuto a sapere che i farmaci di “sostituzione ormonale” che promettevano alle ‘donne in carriera’ di restare giovani e belle, di ritardare la menopausa e sconfiggere l’osteoporosi, possono provocare il cancro, embolia polmonare e infarto![2]
Nello studio della Women’s Health Iniziative pubblicato nel 2002 l’incidenza del cancro dell’ovaio, della mammella e dell’endometrio era del 63% più alta nelle donne trattate rispetto a quelle mai sottoposte a terapia ormonale sostitutiva. [3]

Per quanti anni gli esperti in camice bianco hanno somministrato ormoni di sintesi a iosa per qualsiasi problema: dalla dismenorrea (ciclo mestruale doloroso), ai brufoli in faccia?
Quante di queste centinaia di migliaia (per non dire milioni) di donne, grazie all’esubero di ormoni in circolo, hanno poi sviluppato una qualche forma tumorale al seno o alle ovaie? O magari un infarto? Nessuno lo può dire con certezza, ma resta il fatto che l’incidenza nelle donne è allarmante: in Italia ogni anno oltre 117.000 donne si ammalano di tumore![4] Gli uomini non sono da meno: oltre 135.000 nuovi casi all’anno.[5]

Cambiando discorso, pochi giorni fa lo Stato della Nigeria ha accusato la multinazionale statunitense Pfizer, numero uno al mondo per fatturato. L’accusa è pesantissima, la Pfizer “avrebbe utilizzato 200 bambini come cavie umane per la sperimentazione di nuovi farmaci”, mai provati sugli esseri umani! La causa presenta ben 29 capi di accusa riconducibili ad oltre 2,7 miliardi di dollari di risarcimento, anche se in questo caso i soldi non potranno ridare la vita ai 18 bambini morti nella criminale sperimentazione e recuperare le malformazioni, le cecità, i danni cerebrali e le paralisi che hanno coinvolto gli altri 182 poveri sfortunati.
E questo è solo quello che veniamo a sapere, perché uno Stato ha fatto denuncia! Quanti esperimenti hanno eseguito le Sorelle del farmaco sulle popolazioni inermi e bisognose del Terzo e Quarto Mondo? Quante malattie sono state create di sana pianta grazie a campagne di PR (Pubbliche Relazioni) per poi ‘curarle’ con l’appropriato rimedio?
Purtroppo per noi la Pfizer ha ben 249 progetti in sviluppo su aree quali obesità, diabete, artrite reumatoide, schizofrenia, oncologia, malattie epatiche, Aids e Alzheimer. Tutti settori, guarda caso, molto redditizi!

Cosa apprendere da tutto questo?
Siamo nella mani di medici incompetenti (non tutti per fortuna) che non si aggiornano a dovere e considerano l’essere umano come una macchina (visione meccanicistica cartesiana) e non nella sua interezza e globalità (corpo-anima-spirito).
Questi dottori, molti dei quali non conoscono neppure la lingua inglese (la maggior parte delle riviste è in lingua), non sono liberi di agire in Scienza e Coscienza e secondo il Giuramento di Ippocrate, ma dipendono dalle lobbies del farmaco. Quei pochi Medici che invece hanno il coraggio di uscire dal coro, adottando, per il bene dei pazienti, strade terapeutiche ‘diverse’ da quelle ortodosse viene discreditato mediaticamente, indagato dall’Ordine professionale e pure dalla magistratura (vedi caso del Dottor Paolo Rossaro di Padova).

Bloccando le mani ai medici, impediscono a noi la possibilità di poter scegliere una strada terapeutica piuttosto che un’altra.
Vogliamo ancora parlare di libertà di scelta terapeutica? Oggi in Italia non c’è questa libertà.
Ammalare le persone e mantenere ammalate, abituarle culturalmente alla pillola pronta per l’uso, educarle che per un qualsiasi problema c’è un rimedio chimico a disposizione, è certamente una strategia economica che apporta enormi ricchezze nelle casse delle banche della City di Londra e/o Wall Street (i veri Burattinai). Dall'altra parte però c'è il controllo: una persona perennemente ammalata NON può essere libera, e infatti lo scopo finale è quello di bloccare le coscienze!

Sta a noi dire di no a questo Sistema, e per fare ciò, è necessario una consapevolezza che parte dalla conoscenza (vera informazione) per poi diventare coscienza.
Il secondo passaggio è quello di prendere in mano la nostra vita, in tutto e per tutto, senza delegare la salute a chicchessia.
L’informazione corretta prima di tutto! Una informazione corretta può salvarci la vita, mentre un’informazione deviata o incompleta può metterla a rischio.
Quante persone per esempio in libertà e coscienza farebbero la chemioterapia se venissero a sapere che la sopravvivenza a 5 anni dal trattamento chimico devastante è poco più del 2%?
Non lo dico io, ma uno studio medico multicentrico (Usa e Australia), pubblicato sulla rivista prestigiosa del settore “A Clinical Oncology” e rintracciabile nel sito governativo www.pubmed.gov. Un ricerca enorme che ha coinvolto 225.000 persone seguite per 14 anni sui 22 casi più diffusi di tumori.
Questa è l’informazione a cui mi riferivo.

Reggio Emilia, maestra morde alunno


Sconcertante episodio in un asilo nido di S.Martino in Rio, in provincia di Reggio Emilia, dove una maestra ha morso un alunno procurandogli un'ecchimosi giudicata guaribile in otto giorni. La docente avrebbe azzannato un avambraccio del piccolo per mostrargli concretamente gli effetti del morso che lo stesso aveva appena inferto a una compagna di classe. L'insegnante è stata denunciata dai genitori e dai carabinieri.

Il reato a carico della donna, di cui non sono state ancora diffuse le generalità, è di abuso dei mezzi di correzione e l'insegnante è stata subito sospesa dal servizio. Il bimbo, invece, è tornato regolarmente a scuola e le sue condizioni non destano alcuna preoccupazione.

L'episodio sarebbe avvenuto circa due settimane fa, ma se ne ha avuto notizia soltanto ora. Il bimbo, di due anni e mezzo, secondo la ricostruzione dei fatti, avrebbe morsicato la compagna con troppa foga, prima di essere ripreso e punito severamente dalla maestra 32enne. "Occhio per occhio, dente per dente".

Verona ai veronesi...


Da ieri Verona è una città più sorridente. Il suo sindaco si chiama Flavio Tosi, è del 1969 ed è un leghista duro e puro. Un uomo che magari parla poco ma è abituato a rimboccarsi le maniche e a lavorare sodo, fino ad ottenere i risultati migliori. I veronesi gli hanno affidato la città con fiducia, consegnandogli una valanga di consensi superiore al 61,5 per cento, contro il 34% ottenuto dal sindaco uscente, Paolo Zanotto.
Allora, signor Sindaco, una grande vittoria. Se l’aspettava?
«A dire la verità sì, ma magari non in questi termini. Durante la campagna elettorale, condotta come tutte le nostre attività, in mezzo alla gente, sui mercati, per la strada, l’impressione era che ci fosse un largo consenso nei nostri confronti e la voglia forte di cambiare. Il centrosinistra è riuscito a male amministrare Verona per cinque anni e quindi la volontà di cambiare era ancora più forte».
Si è visto anche dall’affluenza alle urne?
«Certo, l’affluenza a Verona è infatti in controtendenza rispetto alla media nazionale perché i veronesi erano arcistufi di un’amministrazione di sinistra, ideologica, che non ha curato gli interessi, i diritti, le richieste dei veronesi intesi come cittadini italiani residenti a Verona, come imprenditori, pensionati, artigiani, casalinghe, giovani. Verona è stata trascurata e non ha avuto alcuna risposta in cinque anni di amministrazione Zanotto».
Lei è un tipo che non si tira indietro dalle responsabilità, ma l’essere sindaco, così giovane, della seconda città del Veneto è una grossa responsabilità.
«Sì certo, ma è anche vero che da due anni guido l’assessorato alla Sanità della Regione Veneto, un assessorato da 7,5 miliardi di euro di budget all’anno, la seconda carica dopo quella del presidente della Regione. Il punto è che abbiamo fatto questa scelta perché i cittadini veronesi se la aspettavano. Noi vogliamo bene a Verona, siamo sempre stati legati al territorio e i veronesi, come è stato confermato dal risultato, vogliono bene a noi. Questo legame sarà ulteriormente stretto da cinque anni di amministrazione al servizio della città».
A chi va il suo primo pensiero ora?
«A chi oggi non è qui a festeggiare con noi. Alla mamma, al vicepresidente della Quinta circoscrizione, Ugo Zuanetti, all’amico Andrea Perina che da poco tempo non è più con noi. Va a loro che lo avrebbero voluto e oggi festeggiano con noi comunque. E poi a tutti i leghisti dai militanti ai dirigenti, da Umberto Bossi a Roberto Maroni, da Roberto Calderoli a Roberto Castelli a Gian Paolo Gobbo, a tutti quelli che hanno creduto e sostenuto questa scelta. E a tutti i veronesi. Perché sarò il sindaco di tutti i veronesi, non sarò certo il sindaco di chi viene in città per non rispettare le regole e le leggi. Questi soggetti saranno messi fuori».
Il suo primo impegno da sindaco?
«Dare un segnale in questa direzione. Verona è una città insicura, senza regole, sporca, degradata, dove i veronesi non si sentono padroni a casa loro. Invece bisognerà che il sindaco ci metta la faccia, l’abbiamo promesso e lo faremo, per ridare Verona ai veronesi. Nei famosi primi cento giorni faremo vedere che i veronesi tornano protagonisti della loro città».
I veronesi si aspettano molto dal nuovo sindaco. Lei cosa si aspetta dai suoi concittadini?
«Abbiamo una città maravigliosa, tanta gente brava, che lavora, che produce reddito e che finora non ha avuto i servizi adeguati a livello comunale. Mi aspetto confronto e dialogo. Noi non saremo un’amministrazione lontana, chiusa nel palazzo per cinque anni. Ci aspettiamo che i veronesi si rivolgano a noi se ci sono critiche e richieste. Noi per cinque anni daremo risposte».
La sua vittoria è anche una vittoria della Lega. Lei non è un sindaco in giacca e cravatta ma in camicia verde?
«Sicuramente sì. Questo dimostra anzitutto che la Lega non è quella che alcuni massmedia e la sinistra han cercato di dipingere. In un’elezione dove i cittadini scelgono il sindaco, sanno chi è Flavio Tosi, sanno cos’è la Lega. La Lega ha dimostrato che sa amminstrare, che è presente sul territorio e che è la forza più popolare, vicina ai cittadini e alla quale i cittadini sentono di dare fiducia».
A Verona il risultato è stato raggiunto anche grazie alla fermezza della Lega e in particolare di Bossi sul suo nome?
«Certamente. Abbiamo fatto un po’ il gioco delle parti, dove Bossi doveva fingere che io fossi quello che non voleva mollare, e invece era lui che ha tenuto duro, nonostante le tante pressioni, sapendo che la mia candidatura si sarebbe imposta perché era quella che i veronesi volevano. Umberto è stato furbo e lungimirante come sempre. Sapeva che l’avremmo spuntata».
La sua elezione è un segnale anche per chi governa il Paese?
«Sì, perché ci sono anche amministrazioni di centrosinistra che amministrano bene e si fanno benvolere. Quella di Zanotto era invece un’amministrazione di sinistra ideologica, che pensa molto di più a chi non è italiano, a chi non è veronese, fa demagogia ma non risolve i problemi. Assomiglia molto al Governo nazionale: schiavo dell’estrema sinistra e dei poteri forti. Lo stesso segnale dato per Verona vale per il Governo Prodi».

Vittoria bulgara per la Lega Nord!!!

Gira nudo in motorino: denunciato.


Per le donne di Sora e Isola del Liri, nel Frusinate, era ormai diventato un incubo. Un giovane residente a Sora ha girato per settimane nudo, coperto solo di un giaccone, a bordo del suo scooter, mostrandosi alle ragazze ed alle donne che gli capitavano a tiro come mamma lo ha fatto. Alla fine i carabinieri lo hanno bloccato e denunciato a piede libero con l'accusa di atti osceni in luogo pubblico.

E' stata l'ennesima bravata a costargli cara. Il 28enne, in zona Madonna della Quercia, a Sora, il maniaco si è avvicinato a due ragazze di 15 e 16 anni, e aprendo il giaccone che indossava, si è mostrato completamente nudo.

Le ragazze, riavutesi dallo spavento, hanno chiamato i carabinieri ma il motorino è ripartito facendo perdere le proprie tracce. Ma l'esibizionista si è rifatto vivo qualche ora dopo. Ad Isola del Liri, verso le 22.30, in località Lungo Fibreno, adocchiate due signore, le ha affiancate e ha ripetuto il suo rituale. Solito spettacolo ma questa volta intervento dei carabinieri che si trovavano nelle vicinanze proprio per lui. I militari hanno avvistato lo scooter e hanno notato che il conducente non indossava né pantalone né maglietta. Hanno provato ad inseguirlo, ma il giovane ha abbandonato lo scooter ed è fuggito a piedi per i campi. E' stato raggiunto e condotto in caserma. Le sue "vittime" lo hanno riconosciuto.

eni-snam-aem col botto...


L'inchiesta della GdF riguarda i cosiddetti misuratori venturimetrici
Indagato l'ad del Cane a sei zampe come legale rappresentante della capogruppo

Presunta truffa su misurazione del gas
Perquisizioni a Eni, Snam e Italgas

Il gruppo: gli strumenti sotto indagine sono impiegati nella grande distribuzione
e non influiscono sul calcolo delle bollette dei consumi domestici

L'amministratore delegato dell'Eni Scaroni è tra gli indagati per l'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza

MILANO - Truffa sui sistemi di misurazione del gas. Con questa accusa il numero uno dell'Eni, Paolo
Scaroni, è stato indagato nell'inchiesta avviata dai pm milanesi. Lo si legge in una nota del gruppo petrolifero. "Siamo sereni - commenta Scaroni - Le misurazioni oggetto dell'inchiesta sono al centro dell'attenzione di tutte le società operanti nel mercato del gas in Italia e all'estero. Tanto che io stesso, appena giunto in Eni, ho attivato una procedura di verifica sulle misurazioni del gas, avvalendomi di consulenti internazionali specializzati".

Oltre all'ad di Eni, nell'inchiesta sulle misurazioni del gas avviata dai pm milanesi Sandro Raimondi e Letizia Mannell, risultano indagate altre dieci persone e otto società fra cui Eni, Snam Rete Gas e Italgas. Tra gli indagati anche Giuliano Zuccoli, presidente e amministratore delegato dell'Azienda energetica milanese. Secondo l'ipotesi di accusa l'Eni avrebbe usato dei contatori chiamati venturimetrici, che avrebbero conteggiato consumi maggiori rispetto alla realtà, gonfiando di fatto le bollette.

L'Eni sottolinea che i misuratori venturimetrici al centro dell'indagine, da sempre utilizzati in Italia e all'estero, non incidono sulle bollette delle utenze domestiche. Si tratta infatti, spiegano gli addetti ai lavori, di strumenti utilizzati per misurare direttamente dai grandi tubi di trasporto del gas all'interno di apposite cabine, i grossi prelievi destinati alle grandi utenze, rilevandone i parametri relativi alla pressione alla temperatura e alla densità. > Sempre in merito all'indagine, lo stesso Scaroni aggiunge che "si fa riferimento a misurazioni su gas non contabilizzato, che è la differenza tra il gas che Eni compra dai propri fornitori e quello che poi rivende ai distributori. Questa differenza, a oggi, rappresenta per la nostra azienda una perdita secca di alcune centinaia di milioni di metri cubi di gas ogni anno". "Mi preme ricordare - conclude l'ad - che le misurazioni del gas per quanto riguarda la distribuzione cittadina vengono realizzate seguendo rigidamente le indicazioni emanate dall'Authority per l'Energia e il Gas e dai competenti uffici del ministero dello Sviluppo economico".

La Guardia di Finanza di Milano ha effettuato perquisizioni nel capoluogo lombardo, a Roma, Torino e Piacenza negli uffici dell'Eni e di altre società del settore energia. Sequestrate carte, con particolare riguardo a documentazione a partire dal 2003.


Le accuse ipotizzate dai pm Raimondi e Mannella sono a vario titolo truffa, violazione della legge sulle accise, ostacolo all'attività di vigilanza e l'uso o detenzione di misure o pesi con falsa impronta (art 472 cp).

Tutte le società coinvolte nelle indagini sono anche state iscritte nel registro degli indagati per la legge 231 del 2001 relativa alla responsabilità amministrativa delle società.

Immediato il contraccolpo in Borsa: in calo i titoli Eni, Snam Rete Gas e Aem.

21 maggio 2007

Bravi ragazzi...


Droga, 27 arresti Torino, 8 minorenni
Sono tutti immigrati nordafricani. Una vera organizzazione con ripartizione dei ruoli. Nessuno degli spacciatori era maggiorenne

TORINO - La Guardia di Finanza di Torino, ha arrestato 27 immigrati nordafricani, tra cui otto minorenni a conclusione di un'indagine sullo spaccio di droga nella zona dei Murazzi del Po. Le operazioni sono state coordinate dal sostituto procuratore Maurizio Laudi della Dda. con la collaborazione del capo della Procura per i minorenni, Ennio Tomaselli. «Abbiamo scoperto - ha sottolineato Laudi - una vera e propria organizzazione, con una ripartizione di ruoli, che fa pensare di poter ipotizzare in futuro il reato di associazione per delinquere».
Sono finiti nelle maglie della Finanza gli spacciatori del gruppo, tutti minorenni, ma anche le vedette, che si preoccupavano di dare l'allarme in caso di arrivo delle forze dell'ordine. Nella distribuzione dei compiti, alcuni erano addetti al rifornimento ogni mattina della droga, comprandola nella zona di Porta Palazzo e altri erano i cassieri, con il compito di custodire il denaro guadagnato dai baby-pusher.